Il 2025 di Napoli è iniziato com’era finito l’anno precedente: col botto. No, non ci si riferisce ai fuochi d’artificio che ogni 31 dicembre fanno di città e provincia un immenso tappeto di luci, come testimoniato nel docufilm “Napoli explosion” di Mario Amura ripreso dal Corriere TV. Il botto è quello del turismo. Numeri impressionanti nell’anno appena concluso, con circa 18 milioni di visitatori. Cifra che si punta a superare nel 2025, complice il Giubileo nella vicina Roma. Ne ho parlato sabato 18 gennaio 2025 sulle pagine del Corriere del Mezzogiorno.
Su queste pagine si è più volte ricordato come il boom turistico sia facilitato da una rete di trasporti (aeroporto, porto, alta velocità ferroviaria) che negli ultimi anni ha reso la città più facilmente raggiungibile da una crescente domanda, frutto anche dei social: Napoli è diventata attrattiva, cool, “instragrammabile”. Tuttavia, non è tutto oro quel che luccica come emerge dal crescente dibattito sull’overtourism, di cui il Corriere è attento osservatore.
Napoli fra turismo “cool” e miseria storica
Qualcosa che comincia ad essere notato all’estero: l’anno si è aperto con un lungo articolo del New York Times dove si antepone lo scintillio di una Partenope super fotografata ed amata dai vip di Hollywood con la miseria di tanti lavoratori (come quelli morti nello scoppio di una fabbrica abusiva di fuochi d’artificio ad Ercolano un mese fa) e la conseguente emigrazione di tanti giovani, piaga che il Meridione ben conosce e che sembra non trovare fine.
Se alle storiche carenze di opportunità formative e di lavoro, se al reddito pro capite che continua ad essere fra i più bassi del Paese, si somma anche il più recente fenomeno della scarsità di alloggi dove vivere perché vengono destinati al turismo, restare al Sud si fa ancora più difficile. Un tema che alcune città d’Europa e d’Italia stanno provando ad affrontare e che verosimilmente marcherà l’agenda del neo Presidente dell’ANCI, Gaetano Manfredi.
Contrastare l’overtourism con città più larghe
Non sembrano però esserci soluzioni immediate: certo, maggiori controlli aiutano a contrastare l’abusivismo. Tuttavia è solo allargando le città che si potranno trovare rimedi strutturali. In particolare, Napoli è una realtà classista nella misura in cui i servizi pubblici, come i trasporti, funzionano più o meno bene solo al centro, dove quindi tutti vogliono vivere o soggiornare. Va decongestionata, e l’unico modo per farlo è rendere più accessibili quartieri oggi periferici.
E’ questa la sfida di tutte le metropoli d’Europa: non a caso i maggiori progetti infrastrutturali di Londra, Parigi, Madrid puntano a facilitare gli scambi centro-periferia. In Italia l’unico degno esempio è Milano che, anche attraverso ben due nuove linee del metrò, ha riqualificato aree un tempo considerate marginali. Anche Roma sta lottando per far ripartire il progetto della Linea C del metrò e potenzierà la rete di tram proprio con questo obiettivo.
Rilanciare la programmazione dei trasporti partenopei
Intere zone di Napoli, in particolare Soccavo, Pianura, Bagnoli, l’area est, sono servite solo dalle poco efficienti ferrovie regionali. L’ultimo rapporto Pendolaria di Legambiente indica, per il decimo anno consecutivo, come siano fra le peggiori del Paese. Per non parlare delle linee verso altre province come Benevento, dove i lavori di potenziamento avanzano troppo lentamente. E’ questo il nodo cruciale di tutti i trasporti della Regione Campania se è vero, come indicato dal Piano Urbano della Mobilità Sostenibile (PUMS), che ogni giorno per ogni auto che esce da Napoli ben cinque ne entrano.
Serve dunque allargare lo sguardo, riprendendo una programmazione da troppo tempo ferma. Fra Comune e Regione si portano stancamente avanti, e neanche tutti, progetti che hanno venti, trent’anni. Ma a cantieri chiusi, in futuro cosa si inaugurerà? Oggi serve dunque pensare alla città del domani, immaginando ad esempio un nuovo prosieguo per la metropolitana EAV affinché da Piscinola abbracci altri Comuni del basso casertano, o un prolungamento della Linea 6 ANM che non si fermi alla sola Bagnoli ma tocchi Agnano e Pianura.
Allargare non significa nuove cubature, ma rivitalizzare l’economia di quartieri e sobborghi attualmente non interessati dal boom turistico, offrendo alternative di soggiorno ai forestieri e soprattutto la possibilità di case a costi accessibili a tanti napoletani – i giovani in particolare – dove costruirsi una vita. E’ la sfida della sopravvivenza stessa di Napoli, per la quale serve uno sguardo diverso, alto, programmando la città del futuro, senza che questa resti schiacciata da un folklore buono solo per l’istantaneità di una foto per i social.