Non c’è niente di più efficace per restituire un’immagine di decadenza di un vetro spaccato. Del resto, non è un caso se la più nota teoria su degrado sociale ed emulazione di fenomeni vandalici, formulata dal politologo americano James Wilson nel 1982, si chiami per l’appunto della “finestra rotta”. L’ultima in ordine di tempo è quella del lucernario della stazione Materdei sulla metropolitana Linea 1. Ne ho parlato martedì 24 ottobre 2023 sulle pagine del Corriere del Mezzogiorno.
Stazioni degne di Blade Runner
Mentre il servizio lentamente migliora grazie ai nuovi treni, le fermate mostrano ormai i segni del tempo: si avverte dunque l’esigenza di uno stato dell’arte sulla più importante infrastruttura di mobilità cittadina. Rispetto ad altre metropolitane d’Italia, la Linea 1 si distingue per complessità: la sua costruzione ha incontrato sfide ingegneristiche di ogni genere. Inoltre, come è ben noto, molte stazioni sono state affidate ad architetti internazionali con il recupero delle aree circostanti e arricchite da opere d’arte.
Quest’operazione, che ha dato grande lustro alla città, comporta però un maggiore impegno sulla quotidianità. Con le difficoltà finanziarie degli ultimi anni del Comune e dell’ANM, che del metrò è gestore, si è assistito a un progressivo peggioramento della manutenzione ordinaria e straordinaria. Fattore invero presente in tutto il sistema su ferro di Napoli e provincia, in modo ancor più marcato sulle linee di competenza della Regione Campania degne in alcuni casi di Blade Runner, celebre film di fantascienza distopica casualmente anch’esso del 1982.
La necessità di più manutenzione
Purtroppo, il servizio viene erogato in un contesto sociale spesso assai difficile, come più volte denunciato (per onor di cronaca, in solitudine) dal Presidente dell’EAV, Umberto De Gregorio. Gli atti vandalici sulla Linea 1 – le pareti sfondate di Salvator Rosa, il lucernaio di Materdei, le baby gang a Museo – sono onestamente preoccupanti, al punto di essere oggetto di un interrogazione della consigliera Iris Savastano durante il consiglio comunale del 17 ottobre 2023. Sarebbe opportuno partire da un concetto fondamentale, ossia provare a rendere inaccessibile qualunque ferrovia dell’area partenopea a chi non sia intenzionato a prendere un treno: si pensi, ad esempio, alle barriere e tornelli anti-scavalco di Parigi o Londra.
Con la passata sindacatura disinteressata al problema, tocca all’attuale amministrazione l’onere della manutenzione straordinaria: lo si sta in parte facendo cambiando gli impianti di risalita (ascensori e scale mobili) arrivati a fine vita, ma serve anche un’opera di pulizia approfondita di ambienti eternamente sporchi. Poi, rimpiazzare i pannelli sfondati e i vetri rotti, dipingere le pareti imbrattate, cambiare le lampadine fulminate, sostituire le rovinate paline con il simbolo “M”, e così via. Lo stesso vale per le aree esterne come il parco dell’arte di Salvator Rosa o i giardini di Quattro Giornate. Restituire insomma il segnale che il cittadino non viene abbandonato, al pari di una metropolitana che ancora deve essere completata e di cui i tratti più vecchi hanno appena trent’anni.
Progettare il futuro per anticipare i problemi
A proposito di futuro: mancano otto stazioni per chiudere l’anello della linea, equamente divise fra competenza regionale e comunale. Guardando alle fermate in uso, appare chiaro che non sempre è stato facile il rapporto fra committenza e archistar. Lo dimostrano materiali e progettazioni di complessa gestione quotidiana come il labirinto di scale nei giardini di piazza Cavour, le uscite in vetro costantemente infrante di piazza Dante, la fontana abbandonata di Rione Alto, le caditoie che si ostruiscono con forti piogge in piazza Garibaldi. O, infine, il tunnel verso il porto di Municipio, senza ingressi/scale mobili/ascensori appositamente dedicati e diffusi su tutta l’enorme piazza, che lo rende nei fatti macchinosamente accessibile ai tanti che devono prendere un aliscafo soprattutto se con bagagli al seguito.
L’attuale amministrazione non ha colpe su quanto deciso in passato e si ritrova un pesante fardello manutentivo, come ricordato dal Sindaco Manfredi lo scorso venerdì 13 ottobre alla presentazione dell’ultimo libro di Ennio Cascetta, che del metrò è considerato il padre. Se da un lato serve sicuramente più impegno sul decoro quotidiano come chiedono in tanti (e non solo nei trasporti), dall’altro è bene anticipare i problemi maggiori: per tutte le prossime otto fermate si può far meglio comprendere ad architetti spesso stranieri le peculiarità e le complessità di manutenzione in una città come Napoli. Per avere in futuro un metrò non solo bello, ma anche finalmente un po’ più pratico e pulito.