Venerdì 11 marzo 2022 alle ore 17:30 presso l’Istituto Italiano di Studi Filosofici (via Monte di Dio 14) il Vicesegretario nazionale del Partito Democratico Giuseppe Provenzano e lo scrittore Gianrico Carofiglio saranno a Napoli per una delle Agorà promosse dal Segretario Enrico Letta, come momento di confronto con la società civile. Ne ho parlato lo stesso giorno sulle pagine de La Repubblica Napoli, assieme a Davide D’Errico e Mariano Paolozzi.
Nella città più giovane d’Italia, l’argomento non poteva che essere “I giovani contano”. In queste drammatiche ore, il pensiero va alle immagini di tanti ragazzi costretti a imbracciare un fucile nel cuore d’Europa per una guerra incomprensibile fra Ucraina e Russia. Potrebbe quindi sembrare sterile concentrarsi su altre problematiche quando il concetto stesso di libertà è messo in discussione.
Eppure, quanto succede non lontano dai nostri confini è una grave ipoteca sulle prossime generazioni, così come pesante è l’eredità del COVID. Torna alla mente il discorso di fine anno del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, con il suo invito ai ragazzi italiani a non scoraggiarsi, ad essere protagonisti, affinché il testimone del futuro non venga negato alle loro mani.
Spesso si obietta che rivendicazioni generazionali non siano un argomento politico, bollandole come “rottamazione” (fra l’altro mai veramente occorsa, soprattutto al Meridione, per ragioni di realpolitik). Eppure, dal precario mercato del lavoro con l’odioso fenomeno dei “working poor”, fino alla scottante questione della crescita demografica e del bilanciamento del sistema pensionistico, tutto è collegato alla necessità di una nazione di rinnovare sé stessa. La questione generazionale è l’essenza stessa della politica: che senso avrebbe l’agire politico e istituzionale se non vi fosse proiezione sul futuro? A questo si lega il tema della selezione della classe dirigente: un tema storico per il Paese, che si mescola con la questione giovanile in particolare nel Mezzogiorno.
Il Vicesegretario del PD arriva in una città che ha un rapporto complesso con le generazioni più verdi. Nei giorni scorsi, su alcuni organi di stampa si è evidenziato come l’età media della giunta comunale (60,9 anni) che di quella regionale campana (62,8) sia di gran lunga superiore a simili esempi di Roma, Milano, Torino, Bologna: tutti capoluoghi saldamente in mano al centrosinistra. Anche l’età media del consiglio comunale non è incoraggiante. E’ stridente il confronto con la pessima amministrazione uscente, che però aveva messo in prima linea diversi esponenti della fascia più produttiva del Paese, ossia quei 30-40enni che in città sono sempre più rari.
E’ questo infatti il periodo della vita in cui si stabilizzano rapporti di lavoro e familiari: Napoli e la Campania risultano poco attrattive in tal senso. Strette fra la morsa di mancanza di lavoro e servizi insufficienti, neanche l’occasione del ritorno di tanti ragazzi causa COVID è stata adeguatamente sfruttata. Con il paradosso che oggi, lavorando altrove ma vivendo e spendendo al Sud grazie allo smart working, si è penalizzati da tasse locali più alte (necessarie per ripianare i disastrati bilanci) per avere in cambio servizi deficitari.
Il problema dei giovani si sta risolvendo alla radice. Se oggi Napoli è la città più giovane d’Italia, proiezioni alla mano fra dieci anni non sarà più così. Il Sud si svuota, in una migrazione silenziosa che lo SVIMEZ ogni anno traccia con chiarezza. Alla politica l’enorme compito di rovesciare tale paradigma. Politica che è sempre meno attrattiva poiché non percepita come risolutrice di problemi. Riprova ne è l’agghiacciante astensionismo delle scorse elezioni amministrative, inspiegabilmente snobbato da ogni analisi, così come il fenomeno di tanti giovani che hanno deciso di candidarsi in liste civiche lontane dai partiti, alcuni dei quali saranno presenti all’agorà.
Il tema non è secondario: fra un anno si vota alle politiche. E’ necessario convincere prima di vincere. Non bastano più argomenti “contro” gli altri schieramenti (con i quali si è anche al Governo) per mobilitare le giovani generazioni, che scelgono le proprie battaglie con maggiore attenzione: basti pensare ai referendum su cannabis e eutanasia. Serve un coinvolgimento vero, recuperando i tanti ragazzi che sui territori sono l’anima di numerose comunità politiche mettendoci faccia e voti, ma che poi restano sull’uscio delle decisioni quando si tirano le somme, preferendo profili sempre d’altro tipo. Guardando ai dati sopra richiamati, e andando oltre i proclami, a Napoli e in Campania si è fatto poco in tal senso. Non resta quindi che sperare nel futuro: la dimensione da sempre più congeniale ai ragazzi, nonché quella dove si possono e si devono vincere le elezioni – non solo le prossime.
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