Se ne parla a settembre

L’una di notte di un mercoledì d’inizio agosto. La galleria Vittoria, aperta al traffico nel 1929, 609 metri di lunghezza, 36 di larghezza e alta fino a 22 metri, è un gigante ferito nel cuore di Napoli. Chiusa, transennata, spettrale. Due giorni prima, è stato inaugurato il cantiere per ristrutturarla: si dichiarano turni di 20 ore fino alle 4 di notte. Dovrebbe dunque esserci un gran via vai di operai, e invece regna il silenzio.

La foto scattata alle 01:13 di mercoledì 4 agosto 2021 che certifica il cantiere deserto della galleria Vittoria

Si avvicina un sonnacchioso metronotte che controlla pigramente il cantiere. “Cosa vuole?”, chiede mentre osservo il cantiere. “Mi scusi, ma non dovrebbero esserci gli operai? Sui giornali dicevano che…” Sui giornali, appunto. Gli stessi a cui è stato dichiarato 120 giorni di cantiere, ossia quattro mesi. Il diavolo, però, è nei dettagli: il guardiano ha un contratto di 5 mesi. Pronti-via, c’è un mese di ritardo già preventivato, nel chiuso delle stanze di un Comune sempre più vuoto, da mesi in campagna elettorale.

La vergogna della Vittoria o la Vittoria della vergogna

Vuoto come la galleria, senza un operaio, pochi i macchinari. “Vengono presto la mattina”: il guardiano prova a difendere l’indifendibile. Sorge spontaneo un dubbio: ma se neanche i primi giorni di cantiere si fa vedere un po’ d’animazione, che speranza c’è quando in pieno agosto nessuno sarà presente in città per controllare? Mai come stavolta, come detto dall’Assessore alle Infrastrutture Alessandra Clemente, il cantiere della galleria è infatti il “cantiere di tutti”. Tuttavia, non nel senso à la De Magistris che lei probabilmente intendeva. Bensì, i lavori della Vittoria, o meglio la vergogna della Vittoria, o forse meglio ancora la Vittoria della vergogna, hanno gli occhi di tutta la città puntati addosso.

Il perché è presto detto: da dieci mesi il traffico della città è impraticabile. Senza nulla levare al difficile lavoro amministrativo portato avanti in un Comune in dissesto (e reso tale dall’amministrazione uscente), dieci mesi sono un tempo infinito per programmare lavori di somma urgenza. Inoltre, il cantiere restituirà una galleria senza la possibilità di far transitare i tram, e senza rifare le facciate, transennate dal 2015 poiché pericolanti (qualcosa di già segnalato su queste pagine due anni fa). Ciliegina sulla torta, i lavori non sono da considerarsi strutturali, bensì transitori – per quanto resisteranno per un lungo periodo.

Il miracolo mancato dei treni spagnoli

Insomma, al prossimo Sindaco di Napoli, fra le tantissime emergenze di una città fiaccata da un bilancio in rosso e servizi inesistenti, spetterà anche la grana della galleria su cui andranno pianificati ulteriori lavori, in primis per riattivare una linea tramviaria tristemente ferma a piazza Municipio, e che con pochi sforzi potrebbe già oggi arrivare a piazza Vittoria. Infatti, pare che nell’attuale appalto ci si è dimenticati il ripristino dei fili d’alimentazione dei tram. Sembra che la trazione elettrica dei mezzi pubblici stia vivendo una vera e proprio maledizione in città, o forse è proprio vero che a Napoli tutto è speciale, una realtà unica al mondo.

Il tetto liquefatto di uno dei nuovi treni della Linea 1 dopo l’incidente del 14 luglio 2021

Mai infatti si era sentito di un treno fresco di fabbrica che prende fuoco durante le prove. Questo è accaduto ai nuovi vettori della Linea 1, ordinati alla spagnola CAF dal Comune e da ANM, grazie al supporto di fondi europei addirittura dell’epoca Bassolino (come spiego nel mio libro, La metropolitana europea). I treni, provenienti da Bilbao, a ben 4.000 km di navigazione da Napoli, sono sbarcati in terra partenopea a partire da marzo 2020. Il miracolo spagnolo, però, non si è pienamente realizzato. O meglio, a giudicare dal risultato, i vagoni si sono subiti adattati alle usanze locali e, come il sangue di San Gennaro, hanno liquefatto il tetto, in una fiammata che ha lasciato a bocca aperta i tecnici del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, a bordo quella notte per dare l’OK definitivo all’esercizio. Tutto da rifare, quindi. Nella migliore delle ipotesi, i nuovi treni entreranno in servizio a dicembre. Altri quattro mesi di sofferenze quotidiane per i quasi 100.000 passeggeri/giorno del metrò.

Se ne parla a settembre… o meglio ancora ad ottobre

Settembre, dunque, si avvicina, e non sarà un mese facile: fra riapertura delle scuole e degli uffici, e controlli per il Green Pass obbligatori forse anche sui mezzi pubblici, i trasporti a Napoli saranno messi a dura prova. L’asse portante della mobilità cittadina, la Linea 1 della metropolitana, può contare solo su 7-8 treni disponibili a composizione ridotta, capaci di trasportare meno di 800 persone per corsa, contro le 1.200 ipotetiche. Già in questi giorni, il metrò limita quasi quotidianamente a Dante, lasciando scoperto l’affollatissimo quanto cruciale tratto fra Toledo e Garibaldi, su cui a breve si innesterà l’ultima fermata mai aperta, quella di Duomo, disegnata dall’archistar Massimiliano Fuksas.

Piazza Nicola Amore

La futura cupola della fermata Duomo della metropolitana Linea 1

La fermata, che sarà inaugurata il 6 agosto 2021, è un viaggio psichedelico nelle viscere della città, con luci che cambiano colore a seconda dell’ora del giorno, e con un atrio che, nelle intenzioni dei progettisti, mostrerà integralmente un tempio romano del I secolo dopo Cristo sotto una cupola di vetro che è ancora lungi dall’essere completata, dopo vent’anni di cantieri. Per ora, la stazione apre parzialmente, attirando ancora più traffico su una linea già satura per mancanza di treni. Anche sul fronte cupola, su cui pare che la Sovrintendenza sia perplessa, se ne parla a settembre per le decisioni definitive. O meglio, a ottobre, quando si insedierà il nuovo Sindaco, il quale avrà come primo e più scottante argomento quello della mobilità, che in una città come Napoli significa in primis equità e coesione sociale: qualcuno l’ha detto ai candidati, nelle cui campagne il tema è praticamente assente?

 

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