Giovedì 22 e venerdì 23 luglio si è tenuto a Napoli il G20 dell’Ambiente, Energia e Clima, appuntamento nell’ambito della Presidenza italiana del G20, che quest’anno è stata assegnata al nostro Paese per la prima volta da quando, nel 1999, fu creato il cosiddetto Gruppo dei 20. Dopo l’importante riunione dei Ministri delle Finanze di Venezia (9-10 luglio), e in vista dell’evento conclusivo con i Capi di Stato e di Governo a Roma (30-31 ottobre), il meeting di Napoli, che si può definire dello “sviluppo sostenibile”, era sicuramente l’evento più atteso, nonché quello più diplomaticamente complesso.
Che non fosse una passeggiata se l’aspettava Roberto Cingolani, Ministro della Transizione Ecologica, madido di sudore al termine di una due giorni fitta di incontri nel caldo opprimente del Palazzo Reale partenopeo, prestigiosa quanto forse poco adatta sede dell’incontro: luogo tanto vasto e bello quanto impossibile da rinfrescare. Inoltre, le rigide misure COVID non hanno facilitato il tutto. Fra schermi di plexiglass e mascherine d’ordinanza, il clima era di grande attenzione e distanza fisica, anche fra giornalisti e delegazioni dei Paesi del G20, vale a dire: Arabia Saudita, Argentina, Australia, Brasile, Canada, Cina, Corea del Sud, Francia, Germania, Giappone, India, Indonesia, Italia, Messico, Regno Unito, Russia, Stati Uniti, Sud Africa, Turchia e Unione Europea. A questi si aggiunge la Spagna, che è membro invitato permanente.
Il Ministro Roberto Cingolani durante il discorso di chiusura del G20 dell’Ambiente di Napoli
Fitto il programma delle discussioni. Si è spaziato dalla gestione sostenibile della risorsa acqua, alla finanza verde, alla tutela e il ripristino dei suoli degradati, passando ad analizzare un approccio “nature-based” per affrontare le questioni globali, fino ad una “call to action” per scuotere le coscienze delle società civile globale. Sullo sfondo degli incontri tra i leader, sono proseguiti incessantemente i lavori delle delegazioni per spingere la comunità internazionale verso obiettivi più ambiziosi, in ragione anche dell’avvenuto slittamento di alcuni vertici chiave a causa della pandemia, tra i quali la COP 15 della Convenzione sulla diversità biologica e l’adozione del “quadro globale” sugli obiettivi da raggiungere entro il 2030, e la stessa COP 26 sul clima che si terrà dal 31 ottobre al 12 novembre 2021 a Glasgow, e di cui l’Italia è co-organizzatrice con il Regno Unito.
Proprio nella città scozzese si tireranno le fila del discorso rimasto aperto a Napoli, che ha portato diversi osservatori, in particolare le associazioni ambientaliste, a storcere il naso sui risultati della conferenza di Palazzo Reale: gli impegni per contenere l’aumento delle temperature nel prossimo decennio entro il massimo di 1,5 gradi e i tempi dei processi di decarbonizzazione dell’economia. Su questi due fondamentali punti non c’è la firma di Cina e India, che esprimono 2,7 miliardi di persone, il 35% della popolazione mondiale (7,8 miliardi).
La mancata sottoscrizione di questi obiettivi da parte dei due Paesi più popolosi del globo è un tema indubbiamente cruciale, ma che necessita di essere visto in una prospettiva politica: l’aumento delle temperature e la decarbonizzazione sono infatti solo due, per quanto fondamentali, punti sui ben 60 contenuti nell’accordo finale. Il che significa che sugli altri 58 c’è unanime consenso, anche di nazioni storicamente ostiche quali Arabia Saudita, Brasile, Indonesia e Russia, quest’ultima recuperata “last minute” anche sui due punti principali.
La partita, dunque, è ancora aperta. Importanti appuntamenti internazionali sono alle porte: in primis, il G20 dei Capi di Stato e di Governo, previsto a Roma per fine ottobre. Sarà in quella sede che si discuterà ai massimi livelli la necessità che Cina e India sottoscrivano anche gli ultimi due punti dell’accordo firmato a Napoli. Necessità che sarà ribadita poco dopo a Glasgow, sede, come già illustrato, della Conferenza ONU sui cambiamenti climatici, nota anche come COP 26, che si terrà a inizio novembre.
Dopo una stagione di conflittualità politica in cui la nazione perno dell’Occidente, gli Stati Uniti, aveva apertamente messo in dubbio le evidenze sul cambiamento climatico, arrivando addirittura a lasciare gli accordi di Parigi sul clima, il G20 di Napoli rimette sui giusti binari la cooperazione internazionale, anche grazie all’impegno di John Kerry, inviato speciale del Presidente americano Joe Biden per i temi legati all’emergenza climatica, e molto vicino a Cingolani prima e durante il meeting. L’aria, è proprio il caso di dirlo, è cambiata: “Il problema è la scala dei tempi: quando si sarà in grado di decarbonizzare, perché il punto è che economicamente alcune nazioni rischiano di non farcela. Tuttavia, non c’è Paese che abbia messo in dubbio l’accordo di Parigi, perché tutti vedono le alluvioni, le catastrofi”, ha dichiarato il Ministro della Transizione Ecologica nella conferenza stampa conclusiva nel pomeriggio di venerdì 23 luglio.
La strada è così segnata, sperando che le valutazioni positive del padrone di casa, il Ministro Cingolani, siano confermate in autunno. Resta la perplessità, al termine di una due giorni così densa di temi, circa l’assenza di un punto chiave per raggiungere gli sfidanti obiettivi di sostenibilità che il mondo di oggi richiede: la realizzazione di infrastrutture a supporto del trasporto collettivo. Infatti, il tema mobilità è il grande assente non solo del G20 dell’Ambiente, ma dell’intero programma del G20 a Presidenza italiana.
Da Napoli, Capitale morale di un Sud da sempre penalizzato in termini di accessibilità, dedicare una sessione all’argomento sarebbe stato un bel segnale: un’occasione sprecata, in una città che non vedeva un così importante appuntamento internazionale dai tempi del G7 del 1994. All’epoca, la grande piazza del Plebiscito su cui affaccia il Palazzo Reale fu strappata alle auto dal neo-eletto Sindaco Antonio Bassolino, che così inaugurava idealmente una stagione di promozione del trasporto pubblico e della mobilità sostenibile. Quasi trent’anni dopo, nel G20 che su quella piazza si affaccia, neanche un rigo per il trasporto collettivo. Bassolino, però, è nuovamente candidato a Sindaco. “Il tempo passa, e tu non passi mai”, direbbe il poeta: quel tempo che un mondo sempre più caldo e malato sembra non avere più.
(Articolo pubblicato per conto della rivista Mobility Press Magazine, e disponibile al seguente LINK – pagine da 8 a 10)