Il 25 marzo 1957, esattamente 64 anni fa, i rappresentanti di Belgio, Repubblica Federale Tedesca, Francia, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi firmarono il Trattato di Roma, con cui fu istituita la Comunità Economica Europea (CEE). Nel preambolo del Trattato era enucleata la volontà dei sei “padri fondatori” nel porre le fondamenta di un’unione sempre più stretta tra i popoli d’Europa per garantire il progresso economico e sociale dei singoli Stati mediante azioni comuni, eliminando le barriere che avevano diviso fino a quel momento l’Europa – anche a livello trasportistico.
Gli obiettivi del Trattato di Roma
I rappresentanti di queste sei nazioni posero come obiettivo essenziale il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, riconoscendo al tempo stesso che era necessaria un’azione concertata sovranazionale per garantire una stabile crescita economica da perseguire grazie ad un’equilibrata bilancia commerciale basata su una concorrenza leale, che avrebbe comportato uno sviluppo armonioso e la riduzione delle differenze socio-economiche esistenti tra le varie regioni del continente, recuperando il ritardo di quelle meno avanzate.
La portata degli obiettivi contenuti del Trattato di Roma era indubbiamente notevole. Tuttavia, nell’ottica di un approccio politico-programmatorio che si potrebbe definire “pragmatico”, il primo obiettivo da perseguire era il mercato comune europeo, che, si pensava, avrebbe rappresentato la scintilla di un più rapido processo d’integrazione e di miglioramento delle condizioni economiche e sociali. Accanto a settori già disciplinati da altri trattati – la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA, 1951) e la Comunità Europea dell’Energia Atomica (EURATOM , 1957) – il Trattato di Roma prevedeva l’adozione di regole comuni su temi come le dogane (Titolo I, Sezione I), le tariffe (Titolo I, Sezione II), l’agricoltura (Titolo II) e i trasporti (Titolo IV), nella prospettiva della creazione di un mercato comune per beni, servizi, capitali, lavoro e persone.
L’importanza dei trasporti per l’integrazione europea
Quando si pensa al processo d’integrazione europea, i trasporti non sono il primo elemento che viene in mente. Eppure, il tema è centrale fin dall’inizio dell’avventura europea. La ragione è chiara: questi rappresentano l’unica via di collegamento tra le nazioni. Senza rimuovere gli ostacoli materiali, le strozzature e le carenze infrastrutturali fra gli Stati, non è possibile raggiungere l’obiettivo del mercato unico. Motivo per il quale, al tema dei trasporti è dedicato, come detto, l’intero Titolo IV del primo atto fondativo dell’UE, ossia il Trattato di Roma.
Nella memoria comune si è ormai perso il ricordo di come le disposizioni del Trattato siano rimaste largamente inattuate per circa trent’anni, ossia fino l’Atto Unico Europeo (AUE – 1986) e l’approvazione del Trattato di Maastricht (1992), grazie ai quali avviene il necessario cambio di passo nelle politiche comunitarie, che consente un salto sia quantitativo che qualitativo verso l’attuazione di quella che si può definire la Politica Comune dei Trasporti (PCT). Con l’introduzione dell’AUE, entra in vigore anche la riforma dei fondi europei, in uso già a partire dal 1975: si concepisce la nuova Politica di Coesione, e i fondi, programmati su cicli di 5-7 anni, iniziano ad essere impiegati per abbattere le barriere fisiche fra gli Stati, contribuendo alla realizzazione di nuove infrastrutture di trasporto. Non a caso, nel 1992 la Commissione Europea redige il primo Libro Bianco sullo sviluppo futuro della PCT, attraverso la realizzazione di una rete transeuropea dei trasporti (TEN-T). Ne seguiranno altri, a cadenza più o meno decennale, nel 2001 e nel 2011, fino al più recente Green Deal con la relativa strategia per la mobilità sostenibile, fra il 2019 e il 2020.
L’intreccio fra le politiche europee su trasporti e ambiente
Intrecciata a quest’evoluzione vi è il sopraggiungere di una coscienza ambientale più marcata nella popolazione e, di conseguenza, anche nei decisori politici, che ha portato la PCT ad essere man mano più strettamente connessa ad un altro campo d’azione dell’Unione, sempre introdotta con l’approvazione dell’AUE: la Politica Europea dell’Ambiente (PEA). Il suo orizzonte d’azione è alquanto vasto, e tocca temi come lo smaltimento dei rifiuti, il trattamento delle acque, i cambiamenti climatici, le piogge acide, l’inquinamento, la mobilità sostenibile, e più in generale la qualità della vita nell’ambiente urbano. Allo sviluppo di quest’ultimo è dedicato uno specifico Libro Verde, approvato nel giugno 1990. Anche in questo caso, ne seguiranno altri, e crescente sarà l’attenzione ai temi ambientali, al punto da diventare il cardine dell’azione politica della Commissione Europea, come testimoniato dal Green Deal promosso dalla Presidente della Commissione Ursula von der Leyen e presentato nel dicembre 2019, in cui i trasporti sono un segmento fondamentale nella lotta contro il cambiamento climatico.
Con gli occhi di un lettore di oggi, appare evidente come la politica europea dei trasporti e quella dell’ambiente fossero destinate ad essere intrecciate. Non era però scontato lo fossero fin dall’inizio, nel lontano 1986, anno d’approvazione dell’Atto Unico, a riprova di una certa lungimiranza del legislatore comunitario. Sicuramente, è unico lo strumento pratico per attuarle: i fondi europei. Vi è poi un legame teorico: la PCT, infatti, si propone di realizzare uno spazio unico europeo, senza barriere fisiche, con connessioni più fluide, non importa quale sia il veicolo – treno, aereo, auto, nave. L’Europa aveva, e tutt’ora ha, bisogno di ferrovie ad alta velocità, aeroporti più grandi, nuove e più ampie autostrade, canali navigabili e porti più estesi. Da qui, l’importanza delle reti TEN-T.
Allo stesso tempo, queste infrastrutture presentano un impatto ambientale rilevante. Diventa dunque fondamentale concentrarsi su come attenuarlo, preservando e migliorando al contempo la qualità della vita nelle città toccate dal potenziamento delle reti transeuropee, promuovendo il trasporto pubblico locale e un più facile accesso alla fruizione della TEN-T: ecco perché la PEA pone un accento importante sulla mobilità nelle aree urbane. In altre parole, il treno più veloce che collega due città europee attraverso un’infrastruttura moderna ed efficiente, che mira a ridurre i tempi di percorrenza e ad eliminare auto dalle strade, è depotenziato nei suoi effetti benefici se, all’interno di quelle città, è difficile raggiungere la stazione ferroviaria poiché incolonnati nel traffico…
La Politica Comune dei Trasporti e Napoli
Se si ripercorre l’evoluzione della PCT e lo sviluppo dei trasporti a Napoli dagli anni ’90 ad oggi, ci si accorge che vi è una parallela coerenza. Già nel 1990 le carenze relative alla mobilità di Napoli, assieme a quelle di altre città, erano state individuate dalla Commissione Europea nel “Libro Verde sull’ambiente urbano”. Un paio di anni dopo, veniva pubblicato il primo Libro Bianco interamente dedicato ai trasporti, in cui è centrale il tema di scoraggiare la mobilità privata incentivando quella collettiva, in particolare nella aree urbane dove la congestione è ormai percepita come un problema ineludibile. Per far ciò, i fondi europei destinate alle regioni più svantaggiate cominciano ad acquisire un ruolo centrale, anche per realizzare la rete transeuropea dei trasporti (TEN-T) di cui si iniziano a definire i corridoi principali.
La mobilità nelle città assume dunque anche il ruolo di porta d’accesso ai principali assi di collegamento fra nazioni, in un sistema integrato che mette in comunicazione i trasporti urbani con le ferrovie ad alta velocità, i porti e gli aeroporti. In un Europa che promuove infrastrutture che si “parlano” fra loro, il nuovo Piano Comunale dei Trasporti, approvato nel 1997 durante la prima sindacatura di Antonio Bassolino, è perfettamente coerente: il piano prevede infatti una rete integrata di trasporti, con al centro la Linea 1 della metropolitana che, con i suoi quasi 30 km di lunghezza, collega tutte le porte d’accesso della città (la principale stazione ferroviaria, il porto e l’aeroporto), nonché quasi tutte le ferrovie preesistenti, realizzando così un sistema integrato, anche a livello di bigliettazione.
Il ticket unico sarà citato come esempio di buona pratica nel successivo Libro Bianco dell’UE, nel 2001, che ancor di più insiste sull’importanza del trasporto nelle aree urbane e dello scambio di best practice. Due anni dopo, il 4 e 5 luglio 2003, si tiene a Napoli un’importante appuntamento internazionale, il Consiglio informale dei Ministri dei Trasporti dell’Unione Europea, allargato ai 13 omologhi dei Paesi candidati a entrare da lì a poco nell’UE. E’ la prima volta che si ritrovano attorno ad un tavolo 28 Ministri di un’Europa ormai dalla dimensione continentale, sotto la guida del Presidente della Commissione Romano Prodi: al termine dei lavori verrà siglata la “Carta di Napoli”, che rappresenterà la base per estendere la Politica Comune dei Trasporti anche ai Paesi nuovi entranti nell’Unione. Per l’occasione, si inaugura anche la stazione Materdei della Linea 1.
L’ingresso di realtà del calibro di Bucarest, Budapest, Praga, Sofia e Varsavia (solo per citare le più importanti), creano un’Europa in cui quasi l’80% dei cittadini vive in aree urbane, i cui trasporti producono il 40% delle emissioni CO2. Ancor più importanza assume dunque il tema della mobilità cittadina, e si moltiplicano le iniziative a livello comunitario per incentivare iniziative come lo svecchiamento del materiale rotabile e la creazione di nuove infrastrutture, nonché il potenziare lo scambio di buone pratiche (attraverso programmi come URBACT, cui Napoli prende parte) e azioni per rendere più vivibili le città. A inizio degli anni Duemila, su input del nuovo Sindaco Rosa Russo Iervolino, si approva il Piano delle Cento Stazioni per permettere ad ancora più partenopei di raggiungere in poco tempo una stazione della rete su ferro, portando avanti nel contempo il progetto del metrò dell’arte, che reinventa il modo in cui gli utenti guardano al trasporto pubblico, e con le riqualificazioni di strade e piazze apre numerosi luoghi ad una maggiore fruibilità da parte dei cittadini, secondo il concetto che la realizzazione di infrastrutture di trasporto e il consumo di suolo devono essere politiche integrate, e che una pianificazione congiunta fra urbanistica e reti di trasporto è necessaria per determinare l’organizzazione spaziale di una città.
Le reti TEN-T che uniscono l’Europa, secondo il progetto del 2013
Una visione che assurge a programmazione regionale, anche grazie al prezioso utilizzo dei fondi europei, che consentono di potenziare il sistema infrastrutturale nel suo complesso: l’Assessore ai Trasporti, prof. Ennio Cascetta, nella prima decade degli anni Duemila lancia il Sistema della Metropolitana Regionale (SMR), potenziando al contempo ferrovie ad alta velocità, strade, porti, aeroporti, piattaforme logistiche. Gli interventi della Regione Campania nel decennio 2000-2010 riguardano l’intera filiera dei trasporti, idealmente anticipando la riforma delle reti TEN-T avvenuta nel 2013, di cui proprio a Napoli, sede di un summit internazionale sull’argomento nell’ottobre 2009, si erano tracciate le prime linee guida.
In un’Unione che spinge per completare i corridoi transeuropei, continua ad accrescersi parallelamente l’importanza della dimensione urbana. Sempre più si spingono i Comuni d’Europa ad intraprendere azioni per promuovere un’economia sostenibile, anche con la creazione di iniziative quali il Patto dei Sindaci (Covenant of Mayors), cui Napoli aderisce. Nuovi strumenti programmatori vengono introdotti, quali i PAES (Piani d’Azione per l’Energia Sostenibile) e i PUMS (Piani Urbani della Mobilità Sostenibile), di cui Napoli comincerà a dotarsi nel 2016. Dunque, la Commissione Europea allarga sempre più i suoi campi di intervento, o direttamente con prescrizioni normative di carattere generale, o indirettamente, in particolare attraverso l’impiego di fondi europei, il cui utilizzo è vincolato a tempistiche ed obiettivi di qualità ben precisi.
L’importanza del riconoscere l’intervento europeo
In 64 anni di storia dell’integrazione europea, la Politica Comune dei Trasporti ha cambiato obiettivi, processi di attuazione e portata dei suoi effetti, senza però venir meno al suo principio guida: quello di perseguire l’integrazione fisica e geografica degli Stati membri, promuovendo la coesione sociale ed economica. Lo sviluppo del mercato unico ha contribuito al processo di abolizione fra gli Stati di qualsiasi genere di frontiere, di cui l’accordo di Schengen (applicato a partire dal 1985) è sicuramente il risultato più noto. Sono seguiti lunghi processi di armonizzazione delle normative nazionali, per cercare di realizzare uno spazio unico dei trasporti, dove i mercati aerei, ferroviari, logistici, stradali avessero le stesse regole, garantendo norme concorrenziali chiare e possibilità di sviluppo per tante realtà economiche. Raggiungere tali obiettivi è stato possibile anche grazie allo sviluppo progressivo della PCT, e ne è stato allo stesso tempo uno stimolo per un suo maggiore sviluppo: da essere poco più che un elenco di azioni dirette a promuovere un’integrazione fra le nazioni dell’UE, la PCT ha contribuito ad un’Europa più unita, grazie ai progetti della rete TEN-T e all’impiego dei fondi europei, con una crescente attenzione anche alla mobilità in ambito urbano, di cui hanno beneficiato tante città, come si è visto nel caso specifico di Napoli.
In tempi di sempre latente euroscetticismo, è bene evidenziare le ricadute positive che il processo di integrazione europea può avere nelle nostre azioni quotidiane, come spostarsi da una nazione ad un’altra, o, grazie ad un sapiente (dove presente) uso dei fondi europei, muoverci all’interno delle nostre città, grazie ad esempio ad una linea metropolitana cofinanziata dall’UE. E’ solo con l’Europa che si fa concretezza in quel che incide sulla vita di tutti i giorni che si può scongiurare il rischio di vedere Bruxelles come un’imposizione e non come un’opportunità, come il passato e non come il futuro, come un muro e non come un orizzonte, che da quasi settant’anni garantisce pace e benessere a quasi 30 Paesi.