In questi giorni, ho visto un film, “First Man – Il Primo Uomo“, che narra dell’impresa dello sbarco sulla Luna.
Oltre a raccontare come quel risultato storico sia stato raggiunto, tramite anche il sacrificio personale di tanti astronauti, la pellicola evidenzia le forti polemiche che scuotevano la società americana sui costi del programma spaziale. Infatti, una parte dell’opinione pubblica riteneva che le ingenti somme destinate alla NASA fossero inutili, e che potevano essere spese per altro.
Confesso che ho sempre immaginato gli USA coesi sul tema della “corsa allo spazio”, a riprova che, a 50 anni da quella data, la Storia ha dato la giusta dimensione alla cosa, spazzando via dal racconto collettivo quelle che, per l’appunto, erano miopi polemiche.
Oggi, giovedì 1° agosto 2019, leggendo un articolo del giornale britannico Indipendent sulla TAV Torino-Lione, ho realizzato che è possibile traslare questo fenomeno anche alle grandi opere, in particolare quelle italiane.
Inserendo l’opera nell’unica prospettiva in cui ha senso vederla, ossia quella europea, un giornale di un paese prossimo a lasciare l’Unione Europea plaude alla decisione italiana di continuare a costruire quest’opera perché un domani renderà possibile un collegamento via terra fra Milano e Londra in 6 ore, e soltanto 4 per Parigi: non credo ci si renda conto dell’enormità del cambiamento delle abitudini trasportistiche che questo comporterà.
Del resto, il tempo è galantuomo: già oggi non vi è più traccia di chi era contro l’alta velocità Salerno-Torino, che rappresenta la spina dorsale dei trasporti in Italia. Il treno del futuro, vero o figurato che sia, corre, e la Storia rende sempre merito a chi decide di salirne a bordo.